Dissesto idrogeologico
Le azioni da attuare in presenza di un dissesto idrogeologico sono:
- Descrizione dello stato di natura, che consiste nella raccolta delle informazioni relative ad un dato fenomeno catastrofico potenziale, con riferimento anche alle informazioni storiche;
- Valutazione dell’intensità, cioè la valutazione del grado di distruttività che il fenomeno in analisi può assumere. In generale si può procedere considerando uno o più parametri legati all’intensità e valutarli oppure considerando anche gli effetti del fenomeno, quindi attuando anche un’implicita valutazione del valore e della vulnerabilità degli oggetti a rischio;
- Valutazione della pericolosità, che consiste nella valutazione della probabilità che un dato evento avvenga in un certo periodo; in questa analisi ci si basa su metodi euristici (con valutazioni soggettive e qualitative), statistici (basati sullo studio del fenomeno nel passato) o deterministici (con riferimento a leggi fisico-matematiche);
- Valutazione del rischio inteso come sintesi del lavoro di individuazione e attribuzione di un valore degli elementi a rischio e della loro vulnerabilità;
- Gestione del rischio, cioè la serie di interventi atti a diminuire l’effetto del fenomeno su ambiente, manufatti, infrastrutture e popolazione.
Dissesto idrogeologico: cause
Le condizioni meteorologiche e le variazioni climatiche non sono che una causa marginale del DISSESTO IDROGEOLOGICO. Le origini del fenomeno sono infatti di natura antropica. Tra le prime c’è l’eccessivo consumo di suolo, unito a pratiche come la cementificazione e la conseguente deforestazione.[2]
Contromisure
In Italia dopo che per decenni si era provveduto con mere erogazioni statali di indennizzo dei danneggiati dalle alluvioni e dalle altre calamità[3] – sono nati vari movimenti dal basso con la partecipazione anche di amministratori locali, volti a tutelare e difendere il territorio. La legislazione statale ha recepito l’esigenza di un approccio non frammentato geograficamente, preservando l’unità fisica dei bacini idrografici, con la legge n. 183 del 1989.
Le azioni attuabili in relazione a questo rischio sono fondamentalmente la previsione, la prevenzione e la mitigazione degli effetti.
La previsione, secondo l’articolo 3 comma 2 della legge n. 225 del 1992, consiste nelle attività dirette allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi ed alla individuazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi.[4]
La prevenzione, secondo l’articolo 3 comma 3 della stessa legge, consiste nelle attività volte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi di cui all’articolo 2 anche sulla base delle conoscenze acquisite per effetto delle attività di previsione.[4]
La mitigazione degli effetti distruttivi consiste nella serie di azioni attuate al fine di ridurre il rischio a persone, manufatti, infrastrutture ed ambiente.
In Italia è stimato che basterebbero 4,1 miliardi di euro per mettere in sicurezza il paese con un’adeguata pianificazione che gestisca la fase di intervento e stabilisca i piani di manutenzione con effetti e ricadute positive anche in termini economico-occupazionali[5]. Al momento, per favorire la formazione nel settore della difesa del suolo e della riduzione del rischio idrogeologico, è stato istituito, a decorrere dal primo gennaio 2000, presso il Ministero dell’ambiente, il “Fondo nazionale” per l’alta formazione nel settore della difesa del suolo: esso sarà alimentato con un’aliquota pari allo 0,1 per cento delle risorse destinate, ogni anno, all’attuazione della legge n. 183 del 1989 e della legge n. 267 del 1998; a valere sulle disponibilità finanziarie del Fondo, il Ministero dell’ambiente predispone – d’intesa con il Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentito il Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche – un piano pluriennale approvato dal Comitato dei ministri di cui all’articolo 4 della legge n. 183 del 1989.
Legambiente
Il problema della fragilità del nostro territorio e dell’esposizione al rischio di frane e alluvioni riguarda molte aree della Penisola. In ben 6.633 comuni italiani sono presenti aree a rischio idrogeologico che comportano ogni anno un bilancio economico pesantissimo, intollerabile quando è pagato con la vita.
E’ evidente l’assoluta necessità di maggiori investimenti in termini di prevenzione, attraverso cui affermare una nuova cultura dell’impiego del suolo che metta al primo posto la sicurezza della collettività e ponga fine da un lato a usi speculativi e abusivi del territorio, dall’altro al suo completo abbandono.
In un contesto in cui sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in atto, che comportano fenomeni meteorologici estremi caratterizzati da piogge intense concentrate in periodi di tempo sempre più brevi, la gestione irrazionale del territorio porta a conseguenze disastrose.
INERBIMENTO DELLE SCARPATE DELLA DIGA DI ORGOSOLO che hanno retto alla disastrosa ALLUVIONE del novembre 2013: 500 mm di acqua in 12 ore.
REGREENING OF SLOPES OF ORGOSOLO DAM (SARDINIA ISLAND) that withstanded the flood during november 2013. The flood was so strong that even civil works were damaged.